Il Salento: il cibo è la migliore terapia. Parola di una nonna!
(articolo in collaborazione con Laura De Rocco)
Tre aspetti della mia infanzia sono racchiusi in questa foto: il piatto, la tovaglia di nonna e la sua torta di mele. La mia infanzia felice in Salento è stata caratterizzata dalla presenza di mia nonna materna e dai profumi che provenivano dalla sua cucina. Ancora oggi se chiudo gli occhi mi sembra di sentirli. Mi riempiono il cuore!
Eh si, perché se non lo sapete, in Salento le nonne non ti chiedono ‘Beddhra mia com’è stata la tua giornata?’ ‘Hai studiato?’ o ‘Come stai?’. In Salento le nonne ti chiedono solo una cosa: ‘Fija mia ai manciatu?’ (che tradotto dal salentino all'italiano " Figlia mia hai mangiato ?"). Vi vedo, eh!? Non fate i furbi. State ridendo a crepapelle ma è la verità. Il cibo in Salento ha una valenza terapeutica. Non ci credete? Stai male e ti dicono di mangiare. Il corpo ha bisogno di energia! Non hai studiato e ti dicono di mangiare. Il cervello ha bisogno di energia! Il fidanzato ti ha mollata e ti dicono di mangiare. Hai bisogno di energia per affrontare anche i dispiaceri della vita!
Mia nonna, la ricordo sempre in cucina, dal mattino prestissimo a notte fonda, cucinare era la sua vita. Tutto ruotava intorno al suo amore per il cibo. La mia passione per la cucina è un suo regalo. Sin da bambina mi permetteva di poter essere al suo fianco. Dove? In quella che per me era una stanza magica: la cucina. Era la stanza magica della casa. Vedere come dell’acqua, qualche grammo di farina e un po’ lievito madre, sapientemente impastati dalle sue mani, diventano pane per me era pura magia.
Vedere cinque melanzane dell'orto trasformarsi in una parmigiana alta 15 cm per voi non è magia?
Quando ero triste o avevo un problema nonna mi faceva la torta di mele o, forse, è più corretto dire ‘mele con la torta’. Eh si, ne affettava e ne metteva nell'impasto tantissime perché diceva che servivano per esser felici. Aggiungeva che a volte basta poco per raggiungere la felicità. Sapete che vi dico? Aveva ragione. Mi bastava sentire il profumo della sua torta alle mele per far affiorare un sorriso sulle mie labbra. Quando ho voglia di ricordarla, o la nostalgia e la tristezza della sua mancanza prendono il sopravvento, mi basta fare la torta e mangiarla nel suo piatto, sulla tovaglia che mi ha regalato: tutto prende un altro colore.
Aveva un’altra grande passione che era ricamare a tombolo. Aveva imparato da piccina andando tutti i pomeriggi dalle suore. Vederla muovere i fuselli pieni di cotone con una destrezza straordinaria era meraviglioso. I suoi ricami finivano su candide tovaglie e su lenzuola di puro cotone. Tutto ciò che mi ha donato lo conservo gelosamente. Lei era contraria, diceva che quelle tovaglie dovevano vivere ed esser il giusto complemento al pranzo e alla cena. Non sarebbero servite a nulla rinchiuse e inamidate in un cassetto. Anche su questo aveva ragione. Alcune le uso, come uso i suoi piatti e le sue meravigliose coppe di ceramica bianca. Altre sono conservate con cura perché ho bisogno di sapere di aver un contatto con lei.
Aveva un’altra grande passione che era ricamare a tombolo. Aveva imparato da piccina andando tutti i pomeriggi dalle suore. Vederla muovere i fuselli pieni di cotone con una destrezza straordinaria era meraviglioso. I suoi ricami finivano su candide tovaglie e su lenzuola di puro cotone. Tutto ciò che mi ha donato lo conservo gelosamente. Lei era contraria, diceva che quelle tovaglie dovevano vivere ed esser il giusto complemento al pranzo e alla cena. Non sarebbero servite a nulla rinchiuse e inamidate in un cassetto. Anche su questo aveva ragione. Alcune le uso, come uso i suoi piatti e le sue meravigliose coppe di ceramica bianca. Altre sono conservate con cura perché ho bisogno di sapere di aver un contatto con lei.
Raccontare di lei a voi mi ha reso un pò triste. Ma ho un ottimo rimedio: vado a farmi la torta di mele!